Inter, bilancio dell’era Inzaghi: analisi di un ciclo incompiuto tra occasioni perse e mancata crescita

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Quattro stagioni, tante finali, pochi trofei e un’idea di progetto che non ha mai davvero preso il volo


Due scudetti buttati e un dominio mai compiuto

L’Inter targata Inzaghi ha mostrato un’identità tattica chiara e riconoscibile, ma nei momenti decisivi ha spesso fallito l’appuntamento con la storia.

In quattro stagioni, la squadra nerazzurra ha gettato al vento due titoli di campione d’Italia da favorita: uno perso a vantaggio del Milan e uno a favore del Napoli.

In entrambi i casi, la rosa interista era superiore, sia tecnicamente che per profondità, ma è mancata la capacità di chiudere la corsa quando contava davvero.

Queste sconfitte pesano come macigni nel giudizio complessivo del ciclo inzaghiano.


Due finali di Champions, ma prestazioni deludenti

Sul fronte europeo, il bilancio resta agrodolce.

Due finali raggiunte in Champions League, traguardo tutt’altro che banale, ma le prestazioni nelle partite decisive sono state ben al di sotto delle aspettative.

Contro il Manchester City, l’Inter ha giocato con timore, chiudendo con una sconfitta di misura ma senza mai dare l’impressione di poter impensierire seriamente gli inglesi.

Molto peggio è andata nella finale contro il PSG, travolgente 0-5, un crollo verticale che ha evidenziato limiti mentali e tattici clamorosi.


Nessuna crescita strutturale: i giovani ignorati

Uno degli aspetti più critici dell’era Inzaghi è stata la totale assenza di valorizzazione del settore giovanile.

In quattro anni, soltanto Bisseck ha trovato spazio con una certa continuità, e solo per necessità, con risultati fin qui modesti.

Mentre la Primavera vince lo scudetto, solo due giovani sono stati aggregati alla prima squadra, utilizzati per pochi minuti e in partite già decise, senza mai ricevere vera fiducia.

Una gestione che ha tagliato il filo tra vivaio e prima squadra, spegnendo qualsiasi speranza di costruire un’identità sostenibile a lungo termine.


Scelte discutibili e gestione poco meritocratica

A livello gestionale, le decisioni di Inzaghi sono spesso apparse incomprensibili.

Alcuni giocatori a fine ciclo sono rimasti titolari fissi nonostante prestazioni opache.

Le riserve, anche dopo prestazioni insufficienti, continuano ad essere premiate, mentre profili come Frattesi sono stati utilizzati con il contagocce, fino a rimanere in panchina anche in una finale.

Stesso discorso per Taremi, arrivato per fare la differenza ma lasciato ai margini proprio nel momento cruciale.


Analisi in breve

Il ciclo di Simone Inzaghi all’Inter si chiude con molti rimpianti.

Tatticamente brillante, ma limitato nella gestione delle risorse umane e nell’integrazione dei giovani.

Le due finali di Champions non cancellano gli errori in Serie A, dove l’Inter ha fallito da favorita in più di un’occasione.

Serve un nuovo progetto, più coraggioso e ambizioso, capace di premiare il merito e costruire il futuro con scelte strutturali, non solo tattiche.

Per tornare stabilmente ai vertici, sarà fondamentale investire con intelligenza, unendo acquisti mirati e promozione dei talenti già in casa.


Commento personale:
L’Inter ha vissuto una fase di stabilità tattica ma non ha mai davvero evoluto il proprio progetto tecnico.

Inzaghi ha mantenuto la squadra in alto, ma senza costruire basi solide per il futuro.

Il prossimo allenatore dovrà cambiare passo, ma anche la società dovrà assumersi responsabilità, puntando su programmazione, investimenti e meritocrazia.
Solo così il club potrà tornare grande sul serio, e non solo nelle statistiche.

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