Tra Tudor e Motta cambia solo il cognome, troppe X e poco coraggio

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McKennie

Tudor e Motta pare siano un’equazione praticamente perfetta. Pareggi a raffica, ora sono cinque consecutivi, che significano cinque mezze sconfitte e dieci punti lasciati agli avversari.

I punti persi a Verona pesano come un macigno.

Il Milan nell’ultima partita ha avuto almeno tre palle gol nitide, fallite in malo modo.

La Juventus? Forse due, una con Gatti e una con l’oggetto misterioso David, incespicato goffamente sul pallone.

Motta era il re dei pareggi, Tudor è il suo più degno erede.

Vlahovic ha giocato poco, far uscire Yildiz e Conceicao, senza inserire Zeghrova è un errore imperdonabile.

Senza fantasia e tecnica, è difficile servire le punte.

Ma se togli anche quegli uomini, diventa impossibile vincere le partite.

Tudor probabilmente non ha compreso una questione davvero si semplice interpretazione.

Questa è la più grande preoccupazione per la Vecchia Signora e per i suoi tifosi.

Tudor è simpatico ai tifosi, perché juventino; ma per mantenere la panchina della Juve certamente non basta.

Serve coraggio e sfrontatezza, elementi imprescindibili per chi vuol vincere.

Bisogna far girare la palla a velocità superiore, altrimenti liberare le punte al tiro diventa una salita invalicabile.

Chi vuol ascoltare e capire in fretta lo faccia, altrimenti dovrà accettare di subire il più classico dei siluramenti per manifesta incapacità di vincere.

Difetto Juventus

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