In un’Italia dove il calcio è passione, linguaggio e identità, fa riflettere – e anche molto – la testimonianza di Massimo Piga, padre della piccola Rachele, tifosa del Napoli diventata virale sui social per la sua genuinità e il suo amore verso i colori azzurri. Intervenuto a Radio Punto Nuovo nel corso di Punto Nuovo Sport, il papà ha raccontato la drammatica esperienza vissuta dalla sua famiglia, bersaglio di una gogna mediatica semplicemente per una passione sportiva.
“Ci sono più imbecilli che tifosi, purtroppo” – ha esordito con amarezza Massimo Piga, descrivendo la deriva che spesso il tifo assume sui social network, dove le barriere del rispetto cadono in favore di un odio cieco e pericoloso. A pagarne le conseguenze è stata sua figlia Rachele, una bambina di soli otto anni, diventata un volto noto tra i tifosi del Napoli, ma purtroppo anche un bersaglio di insulti, minacce e persino auguri di morte da parte di chi non riesce a separare il tifo dal buon senso.
Un amore nato per superare le difficoltà
“Da romano ho scoperto un popolo fantastico”, ha detto ancora Piga, riferendosi all’abbraccio ricevuto dalla città di Napoli e dai suoi tifosi, che hanno quasi “adottato” Rachele. Una passione, quella della piccola, che ha radici pure: “Noi abbiamo cominciato a fare video perché parlava poco e aveva difficoltà ad esprimersi. Per me è un qualcosa che va oltre il tifo”, ha raccontato il padre, spiegando che fu addirittura il medico a suggerire quell’approccio. Il calcio, in questo caso, è stato un linguaggio nuovo, terapeutico, un ponte tra il mondo interiore della bambina e quello esterno. Un percorso iniziato per amore e finito – temporaneamente – nella paura.
La gogna mediatica e l’odio sui social
Ma l’amore di Rachele per il Napoli, e l’orgoglio di suo padre, si sono scontrati con una realtà crudele. Esistono pagine Facebook che condividono sistematicamente i video della bambina, lasciando spazio a commenti intrisi di odio, veleno e disumanità. “Se insultano me, va bene. Ma se toccano mia figlia che ha 8 anni, è diverso. È poco gestibile”, ha detto ancora Massimo Piga, sbalordito nello scoprire che tra gli hater si nascondono padri, madri, addirittura nonne.
Un paradosso difficile da accettare: mentre una città intera la ama, altre realtà – più vicine geograficamente, ma distanti emotivamente – la osteggiano con violenza. Un’inversione culturale drammatica, che rivela quanto il calcio, da passione, possa trasformarsi in veleno quando si perde il senso dell’umano.
Il sostegno del Napoli e l’esempio di Politano
C’è però anche il volto bello del calcio, quello che Massimo Piga non smette di celebrare. “Ringrazio Politano. Ci ha contattato e ci ha spronato a continuare”, ha detto, riconoscendo la vicinanza del calciatore del Napoli. Un gesto che, per quanto simbolico, ha avuto un grande peso emotivo per Rachele e la sua famiglia.
Un ponte tra Roma e Napoli
Interessante anche la riflessione sulla rivalità tra Roma e Napoli: Massimo Piga, romano e romanista, aveva provato a usare l’immagine di Rachele per avvicinare due tifoserie spesso contrapposte, in un’epoca in cui il dialogo nel calcio sembra diventato un’utopia. “Prendersi in giro fa parte del gioco, l’odio no”, ha detto con lucidità, ricordando che un derby può essere vissuto con leggerezza, senza scadere nella barbarie.
Umiltà e amore autentico per il calcio
Nonostante la popolarità, Massimo Piga ha mantenuto una posizione di grande umiltà. “Non abbiamo mai chiesto nulla al Napoli, né biglietti né inviti. Mai entrata a Castel Volturno”, ha ribadito, sottolineando il desiderio di restare persone normali. Anche Politano ha proposto più volte di ospitare Rachele, ma la risposta è sempre stata la stessa. Perché, in fondo, la bellezza dell’esperienza è proprio nella sua autenticità: una bambina che sogna di stare in Curva con la sua gente, senza filtri e senza privilegi.
Un messaggio che va oltre il calcio
Massimo Piga ci lascia così una testimonianza preziosa: quella di un padre che ha provato a trasformare un problema in una risorsa, di una famiglia che ha fatto del calcio uno strumento di crescita e non di divisione. E che oggi, purtroppo, si trova costretta a fare un passo indietro davanti all’odio. Ma senza mai smettere di credere nella parte più bella di questo sport.




















