San Siro, la notte che ha cambiato tutto per Inter e Milan: i voti, i tradimenti e il destino del Meazza

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Milano e il voto su San Siro

Milano ha vissuto una notte che resterà impressa nella memoria politica e sportiva. Il Consiglio comunale ha infatti dato il via libera alla vendita di San Siro e dell’area circostante a Inter e Milan per 197 milioni, dopo una maratona di quasi dodici ore conclusa alle quattro del mattino. Un verdetto che ha spaccato coalizioni, fatto emergere contraddizioni e ridisegnato equilibri.

Maggioranza divisa e voti contrari

Il centrosinistra, guidato dalla giunta Sala, ha ottenuto il sì grazie a 24 voti favorevoli, nonostante sette defezioni interne. Nel dettaglio, hanno detto no tre consiglieri del Partito Democratico – Alessandro Giungi, Rosario Pantaleo e Angelo Turco – insieme ai tre dei Verdi (Gorini, Cucchiara e Monguzzi) e a Enrico Fedrighini del Gruppo Misto.

A rendere la situazione ancora più tesa è stato l’atteggiamento di Marco Fumagalli, capogruppo della Lista Sala, che si è rifiutato di votare e alla fine ha lasciato l’aula senza esprimere una posizione. Un’assenza pesante, che ha messo in bilico la tenuta della maggioranza.

L’opposizione e la mossa di Forza Italia

Il centrodestra ha votato compatto contro la delibera, con Lega, Fratelli d’Italia e Noi Moderati schierati sul fronte del no. Ma il vero colpo di scena è arrivato da Forza Italia: tre consiglieri su quattro hanno abbandonato l’aula, abbassando così il quorum e permettendo alla maggioranza di vincere senza i numeri pieni.

L’unico a restare è stato Alessandro De Chirico, che ha espresso un voto contrario in aperta rottura con la linea del suo stesso partito. Una scelta che ha lasciato strascichi pesanti nel centrodestra, con accuse di tradimento e spaccature interne che difficilmente si ricomporranno in fretta.

Gli emendamenti cancellati con la tagliola

La maratona notturna era stata segnata dalla discussione su 239 emendamenti. Dopo ore di ostruzionismo, la maggioranza ha deciso di ricorrere alla tagliola, cancellando in un colpo solo centinaia di proposte simili. Sono sopravvissuti soltanto pochi correttivi, tra cui l’obbligo di white list per le imprese coinvolte nei lavori, vincoli di sostenibilità ambientale e limiti alle spese di bonifica a carico del Comune.

Un passaggio che ha fatto infuriare parte dell’aula, ma che ha spianato la strada al voto finale.

Prospettive per il futuro

Ora Milano si trova davanti a una pagina nuova. La vendita del Meazza segna un punto di non ritorno: Inter e Milan potranno realizzare un nuovo stadio da 71.500 posti, firmato dai celebri architetti Norman Foster e David Manica. Restano però i nodi delle inchieste e del vincolo sul secondo anello, che scatterà il 10 novembre e potrebbe bloccare la demolizione.

Il destino di San Siro è appeso a un filo, ma la politica milanese ha già compiuto la sua scelta. Resta da capire se la città, i tifosi e le istituzioni riusciranno a convivere con questa svolta che profuma di modernità ma lascia dietro di sé macerie politiche e polemiche.

L’angolo tattico di Stepk ⚽

Questa vicenda è molto più di un voto amministrativo: è una partita a scacchi dove ogni pedina ha mosso per interesse e convenienza. La tagliola è stata il pressing alto della maggioranza, che ha spezzato il ritmo e messo in fuorigioco l’opposizione. Forza Italia, invece, ha giocato da “finta punta”, fingendo di schierarsi con la coalizione e poi sparendo al momento decisivo, lasciando il campo libero all’avversario.

Il risultato? Un gol pesante al 90’, che cambia l’inerzia della stagione politica milanese. Ma attenzione: la partita non è finita. Gli avversari non accetteranno facilmente questa sconfitta e tenteranno rimonte nelle prossime mosse. Proprio come in campo, anche in aula il match non si chiude mai davvero, e Milano si prepara a vivere tempi incandescenti.


Articolo a cura della Redazione di Notizie Sportive
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